26/11/2018No Comments

Uscire dal mindset condominiale- tradizionale, il caso delle Residenze Smart Lainate

Una comunità fortemente coesa, che condivide aspettative e obiettivi, è una comunità capace di autogestire spazi e servizi e di alimentare le attività nel tempo aumentando il valore dell’abitare. La formazione di tale comunità e la sua resilienza non sono da dare per scontate e richiedono alcuni strumenti e competenze in grado di accelerare e strutturare tali processi. Diventa necessario accompagnare gli abitanti nell’uscita da un mindset tradizionale-condominiale verso un’assunzione di responsabilità individuale positiva e propositiva per il proprio contesto abitativo. In questo scenario si inserisce la possibilità di prendersi cura in maniera diretta degli spazi collaborativi a disposizione degli abitanti. E’ fondamentale, in questo senso, porre l’attenzione sulla diversa natura di tali spazi che varia in base agli utenti e al modello di funzionamento e di gestione. Luoghi come la club house, la sala bambini, il deposito del Gas, così come l’organizzazione di attività conviviali, fanno riferimento ad interazioni più informali che coinvolgono esclusivamente i residenti e che hanno bisogno di relazioni salde e chiare. In maniera diversa, servizi strutturati come ad esempio la palestra o la lavanderia prevedono modelli di relazione diversi.

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Quando la cooperativa incontra l’imprenditoria sociale

Residenze Smart Lainate è un progetto di abitare collaborativo e cooperativo. Il progetto prevede 89 appartamenti e ampi spazi comuni. In questo contesto, siamo stati coinvolti per accompagnare la comunità degli abitanti verso l'autogestione degli spazi e dei servizi. Abitare smart è una cooperativa privata con una visione sociale che progetta e realizza residenze di altissima qualità. La cooperativa è stata costituita da Franco Sala, imprenditore con una visione etica e sostenibile del costruire, attivo nel settore immobiliare da oltre 40 anni, durante i quali ha fondato importanti società di costruzioni che col tempo sono state promosse e associate alle imprese di costruzioni. Sono oltre 3000 gli alloggi (senza nessun invenduto) che negli anni sono stati costruiti e consegnati tra Lombardia, Piemonte e Umbria. Nel caso delle residenze smart, il progetto imprenditoriale viene ulteriormente innovato e, oltre alla garanzia della sostenibilità economica ed ambientale, si integrano spazi e servizi per la comunità che ci andrà ad abitare.

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Un progetto architettonico che parte dalla comunità

Il progetto è costituito da 6 palazzine moderne e dalle dimensioni contenute, composte ognuna da 3 piani fuori terra con circa 15 alloggi ciascuna, in un contesto di 15.000 metri quadri di terreno. Le costruzioni sono di ottimo livello qualitativo e realizzate con materiali ecologici e isolanti sia dal punto di vista termico sia da quello acustico. Il risparmio energetico è garantito dalle numerose soluzioni tecniche adottate, come, ad esempio, il pavimento radiante, la coibentazione per alta classe energetica e i pannelli fotovoltaici, che consentono di ridurre al minimo le spese in bolletta. Il progetto architettonico delle residenze smart a lainate è dell’architetto Claudio Fazzini, professore ordinario al Politecnico di Milano.  “il progetto residenze smart a Lainate, oltre a comprendere innovazioni tecnologiche e costruttive di elevata qualità, è guidato da un approccio “social contact design”, in cui la progettazione degli spazi fisici è pensata per incoraggiare un forte senso di comunità. Spazi e servizi collettivi diventano parte integrante della vita quotidiana e, trasformati in alto valore aggiunto, contribuiscono ad accrescere la qualità della vita.”

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Auto gestione accompagnata

L’implementazione di spazi e servizi richiede anche una nuova progettazione gestionale. In questo caso, gli abitanti diventano gestori degli spazi e dei servizi e dovranno garantire la buona funzione e il mantenimento nel tempo. Per permettere ad una grande comunità di fare ciò, serve un percorso dedicato che possa dare a loro strumenti utili ed aiutare a sviluppare una capacità gestionale collettiva. Housinglab accompagna la comunità con un percorso di 18 mesi (6 mesi prima del trasferimento e 1 anno dopo). Durante il percorso ci occupiamo di community building, capacity building e service co-design. L’intento è quello di portare la comunità ad una propria autonomia, accompagnando inizialmente la gestione in modo stabile e lasciando successivamente sempre più responsabilità agli abitanti stessi. Progettare abitazioni collaborative significa agire in parallelo su due piani strettamente collegati: quello delle relazioni, della responsabilità e della visione comune, in altre parole di un allineamento e di una fiducia reciproca, e quello degli spazi e dei servizi che rappresentano e danno forma al sistema delle relazioni e permettono di dare valore alla collaborazione.

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27/10/2017No Comments

Come si avvia una portineria di quartiere?

Stai progettando o hai appena avviato una portineria di quartiere?

Allora ti aspettiamo al workshop La portineria di quartiere, come si fa? che cureremo all'interno di Sharitaly

Durante il workshop avrai l'opportunità di imparare da esempi di successo - avremo con noi Allo Bernard da Tolosa e Portineria 14 di Milano - e di confrontarti con esperti sui vari aspetti del tuo progetto: modello di business, costruzione di partnership, comunicazione e coinvolgimento dei residenti, mondo digitale dietro alle portinerie, burocrazia legale e fiscale.

 

Ci saremo anche noi con il progetto Cocodè e non vediamo l'ora di scambiare con voi esperienze e strumenti.

Ci vediamo mercoledì 6 dicembre alle 14.00 presso BASE Milano

Qui il programma del workshop

Qui invece trovate i biglietti Inserite il codice sconto HOUSINGLAB30

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18/10/2015No Comments

#ZUP e l’abitare: le ricette per progettare insieme

Abbiamo conosciuto ZUP e le sue ricette a #xdaysmi14, da allora un anno ricco di progettazione partecipata su cohousing, spazi comuni, orti condivisi, ma anche di collaborazioni, tra cui quella con un altro espositore, Abito. ZUP ci racconta tutto questo e altro, nell’attesa di presentarvi le sue nuove ricette a #xdaysmi15.

2-23Da circa due anni ZUP The recipe for change applica le proprie tecniche di progettazione partecipata al mondo e al tema dell’abitare, dall’housing sociale, al cohousing fino ai condomini tradizionali che cercano di migliorare la situazione abitativa. Grazie alla nostra partecipazione a Experiment Days 2014, abbiamo ulteriormente aperto il ventaglio delle nostre realizzazioni: dal #co-progettare spazi comuni come cucine o giardini e orti condivisi, alla scrittura condivisa di un regolamento di buon vicinato, al ripensamento sulla destinazione d’uso degli spazi comuni anche in condomini tradizionali, fino al supporto per affrontare e programmare ristrutturazioni per rendere la casa più sostenibile (dai consumi agli stili di vita dei suoi abitanti).

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Sono tanti i condomini che in questo momento hanno bisogno di un input positivo: dopo il boom degli anni 60 e 70, nel quale le case sono cresciute con la fisionomia di ‘fabbricati anonimi” o “dormitori”, si comprende adesso quanto questo tipo di casa e d’abitare non risponda più alle esigenze sociali, di condivisione, di solidarietà, economiche e energetiche attuali.

Soprattutto nelle grandi città, dove il concetto di famiglia tradizionale è fortemente in evoluzione, le reti di vicinato provano a sostituire o a sostenere il singolo nucleo familiare: per condividere la macchina, per fare la spesa, per tenere sotto controllo la casa durante le ferie, ecc

Il canovaccio di ZUP racconta le diverse esperienze di progettazione partecipata, i diversi cambiamenti descritti e condivisi nei laboratori, grazie a delle ricette di un nuovo abitare.

In Via Cenni, presso Cennidicambiamento, una delle realtà di cohousing più interessanti del panorama nazionale (Milano), abbiamo lavorato con un gruppo di persone che avevano bisogno di un supporto nel lavoro di coprogettazione di un orto. Senza una visione difficilmente c’è un progetto: per questo il gruppo ha capito che tipo di orto voleva e perchè, con quale impegno e per raggiungere quali risultati (in termini di benessere, di piacevole coabitazione o anche solo di raccolto) solo dopo aver affrontato un laboratorio con ZUP. Ripetiamo questo esperienza in ottobre, in un nuovo condominio della cooperativa Ferruccio Degradi a Figino.

Cenni 012Cenni 004Invece, con Abito a Rovereto, un’altro dei partecipanti di Experiment Days 2014, abbiamo scritto il ricettario del Buon Vicinato con come primo obiettivo la scrittura del regolamento del condominio e la selezione dei nuovi inquilini. Abito è una start-up trentina fondata nel 2014 per sviluppare servizi per il community building seguendo i temi dell’economia sociale, sviluppo urbano sostenibile e azioni di welfare territoriale. In sostanza lavora per la condivisione delle soluzioni e delle spese all’interno di condomini, che con la ‘scusa’ del risparmio diventano presto dei nuclei e dei modelli di abitare smart, solidale, collaborativo.

Uno dei progetti che Abito segue in questo momento è in un condominio dell’APSP, Azienda Pubblica di Servizi alla Persona, Vannetti di Rovereto. Un contesto complesso, per caratteristiche di età degli inquilini, di lunga permanenza nei diversi appartamenti, di cambiamenti imminenti per via dei lavori previsti, nel quale il nostro intervento è stato l’occasione per un incontro collettivo dopo quasi 12 anni fa.

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In un primo incontro nel quale erano presenti quasi tutti gli abitanti abbiamo fatto un percorso preciso: cosa mi lega a casa mia? Perché tengo agli spazi comuni? Cosa vorrei fare negli spazi comuni? In questo modo abbiamo affrontato un percorso costruttivo sulle regole, partendo dai motivi che rendono caldo e accogliente il proprio spazio personale, fino alle possibilità di vivere meglio tutti gli spazi di un condominio e non solo quelli personali.
In poco più di due ore siamo riusciti a far descrivere alle persone degli esempi concreti e delle soluzioni potenziali per diversi disagi o esigenze. Ecco il risultato.

In altre occasioni abbiamo lavorato con pubblici privilegiati: architetti e altri professionisti del settore housing, desiderosi di imparare e di provarsi con nuove e diverse tecniche di coprogettazione. Con questi gruppi abbiamo condotto il laboratorio Come in una Cucina per dimostrare dalla pratica come ZUP diventa strumento per condividere esigenze dei (futuri) inquilini e per elaborare visioni strategiche nuove, necessarie per scegliere le soluzioni ‘tecniche’ più adatte. Come ambito di elaborazione sia la cucina (Fa La Cosa Giusta e ZUPlab presso impactHUB Milano) sia di nuovo l’orto condiviso.E le prossime ricette? Su spazi progettati da bambini, ancora su orti condivisi, su cucine? Presso condomini di impianto tradizionale o cohousing di nuova generazione?

Ve lo racconteremo durante Experiment Days 2015 con un nostro stand e con diverse attività nel programma culturale. Se intanto volete saperne di più visitate il nostro sito zuplab.com o scrivete a info@zuplab.com

#zup #therecipeforchange #zupinprogress #progettazionepartecipata #xdaysmi15

12/10/2015No Comments

Quando la Pratica Collaborativa mette tutti d’accordo

In contesti abitativi e familiari è frequente l’insorgere di conflitti, che spesso si inaspriscono al punto tale che le parti arrivano davanti a un Tribunale. C’è però un modo diverso per risolverli: la Pratica Collaborativa. Leggete cosa ci raccontano i Professionisti Collaborativi e venite a conoscerli a #xdaysmi15.

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La Pratica Collaborativa è un metodo non contenzioso di risoluzione dei conflitti, in particolare nell’ambito familiare.

Le persone e i loro interessi vengono messe al centro, consentendo di individuare soluzioni attente ai bisogni particolari di ogni famiglia e di ogni coppia.

E’ un percorso che permette di affrontare tutti gli aspetti legati alla crisi familiare – quelli legali, ma anche quelli economici e relazionali – in un clima di fiducia e trasparenza, con il supporto di professionisti altamente qualificati.

Nasce negli anni ’90, quando l’avvocato matrimonialista Stu Webb comunicava ufficialmente ad un Giudice della Corte Suprema del Minnesota che non avrebbe più patrocinato cause avanti ai Tribunali, sia per i risultati dannosi che spesso derivavano all’intera famiglia sia perché riteneva che ci potesse essere una modalità diversa e di vero aiuto alla parti per affrontare, in particolare, quel tipo di conflitto.

Dagli Stati Uniti e poi dal Canada l’idea della Pratica Collaborativa, ha cominciato pian piano a diffondersi al mondo intero. Nel 2000 si è costituita l’associazione mondiale IACP, International Academy of Collaborative Professionals (www.collaborativepractice.com) che consta oggi di più di 7000 professionisti aderenti, dislocati in quasi tutto il mondo.

In Italia, nel 2010, è stata costituita l’Associazione Italiana Professionisti Collaborativi, AIADC (praticacollaborativa.it) della quale fanno parte oggi oltre 200 professionisti formati (tra legali, facilitatori della comunicazione, commercialisti, esperti di relazioni).

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Al centro Linda K. Wray, attuale President IACP, con, da sinistra gli avvocati: Carla Marcucci, Mariacristina Mordiglia, Francesca King, Elisabetta Zecca

Scegliere la Pratica Collaborativa, per ora applicata solo ai conflitti familiari ma che presto potrebbe estendersi ad altri settori, e quindi rivolgersi a professionisti appositamente formati a tale scopo, significa volere partecipare attivamente alla trasformazione del proprio conflitto alla ricerca del raggiungimento di accordi finali, soddisfacenti per tutte le parti.

Queste infatti siederanno fin dall’inizio, personalmente, al tavolo delle trattative.

Individuati i legali collaborativi di fiducia (che dovranno entrambi essere specificatamente formati alla pratica collaborativa), con i quali le parti creeranno una particolare e più profonda intesa, si individua un facilitatore delle comunicazione che entrerà a fare parte del team che condurrà tutta la squadra ad un accordo finale condiviso. Questo comporta siglare un accordo di partecipazione, con il quale ci si impegna alla trasparenza, lealtà e rispetto nei confronti dell’altro, e che garantisce la totale riservatezza di tutto quanto dichiarato ed esibito durante il percorso collaborativo.

Gli avvocati che assistono le parti infatti non potranno poi in alcun modo assistere gli stessi clienti in un eventuale giudizio contenzioso successivo ove, per qualsiasi motivo, non si riesca a raggiungere il traguardo dell’accordo condiviso.

L’esperienza comunque mostra che nella stragrande maggioranza dei casi l’accordo condiviso viene raggiunto: le tecniche peculiari cui i professionisti sono formati, l’ambiente protetto nel quale, iniziando con lo sciogliere le difficoltà di comunicazione e successivamente approfondendo il dialogo, si cercherà di accompagnare le parti verso soluzioni durature ed orientate verso il futuro, mettono realmente al centro gli interessi reali delle parti e dei loro figli. Il percorso, fatto a volte di prove ed esperimenti, rispetterà i tempi di ciascuno, nella tolleranza e riconoscimento delle problematiche individuali che, proprio dagli stessi soggetti interessati, devono trovare una soluzione.

Dopo anni di formazione, nel 2014 si sono svolti i primi casi anche in Italia, quasi tutti risolti con soddisfazione e successo.

L’inserimento nel team del facilitatore della comunicazione è diventato elemento caratterizzante la procedura, ed a seconda della necessità dei casi, possono poi essere inserite anche altre figure imparziali, come il commercialista e l’esperto di relazioni e dei bambini.

I costi, che potrebbero spaventare in considerazione del numero dei professionisti coinvolti, in realtà, sono decisamente minori di quelli che richiederebbe un procedimento giudiziale, considerati i tempi decisamente più brevi di un giudizio e gli enormi benefici che derivano a tutti i componenti del nucleo familiare dal superamento e, comunque, dalla trasformazione del conflitto.

16/05/2015No Comments

#nextrieti su generazioni future, formazione e lavoro

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La Residenza è un mondo a parte. Giorni che non hanno ore, non hanno tempo. Sembra che il mondo si concentri qui a Rieti attorno a noi. Ogni tanto qualcuno ricorda delle notizie che arrivano da fuori, ma queste non urtano molto il nostro piccolo mondo. I giorni passano velocemente e il cervello è soprattutto occupato dai pensieri legati a qui, ora e qualche visione futura. Difficile tenera traccia dei giorno della settimana e dunque io rinuncio al diario giornaliero e provo a scrivere tirando fuori pezzi di qui e pezzi di là per dare il senso della nostra permanenza qui.

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Una mattina, abbiamo incontrato la baby-giunta e i ragazzi di una scuola. Devo dire che incontrare loro, oltre a tutte le persone che sono arrivate in questi giorni, è stato divertente e anche importante. Prima di tutto, i ragazzi sembravano orgogliosi e convinti. Erano lì perché hanno lavorato a un progetto per L’ex Snia Viscosa e ci tenevano a portare la loro voce. Il loro progetto è stato presentato con serietà. Nonostante la sensazione che i temi fossero molto legati alla loro scuola (molte poche idee ludiche), ci hanno parlato della voglia di avere un futuro qui, a Rieti. S’immaginavano un’università d’eccellenza, dei laboratori e, in generale, percorsi di crescita. Noi li abbiamo chiesti cosa Li piaceva di Rieti e cosa avrebbero fatto se avessero la bacchetta magica. Le risposte erano varie ma alcune più evidenti di altre. Per esempio la tranquillità e il verde sono ragioni per cui amano la città. Sembra poco ma in fase di progettazione lo abbiamo ricordato molte volte: Rieti non deve trasformarsi in un luogo frenetico e veloce: la sua forza è proprio nel calmo, nel bello e tranquillo.

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La bacchetta magica ha prodotto risposte più varie: sullo stato di degrado e sicurezza dei palazzi o delle strade, altre sugli spazi verdi e per il gioco. Ho due risposte preferite: la piscina gigante che contiene tutta Rieti e la casa per i barboni. La piscina gigante sembra quasi nostalgica al passato in cui la zona è stata allagata. La seconda è semplicemente tenera e sensibile, elementi non scontati per niente a questa età.

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Nei giorni che seguono, sempre sul tema scuola, abbiamo incontrato docenti e due presidi di scuole professionali di Rieti: l’istituto agrario e l’istituto alberghiero. Gli incontri ci hanno colpito molto: è vero che le scuole professionale hanno alla basa l’unione tra studio e lavoro, ma le storie che abbiamo sentito qui sono storie speciali. Ecco che, l’istituto agrario ha appena avuto un fondo per la costruzione della propria cantina. Producono già altri prodotti alimentari nella loro azienda agricola che vengono venduti nei negozi e ai ristoranti. Hanno le loro etichette e comunicazione spiegando il progetto. Nell’azienda agricola hanno stabilito una collaborazione con il carcere e portano avanti iniziativa dentro e fuori al carcere. Veri esempi di sviluppo sociale sostenibile. L’istituto Alberghiero, storico e conosciuto sul territorio è un’eccellenza locale. I diplomati sono assunti e lavorano nei ristoranti di Rieti. La connessione con la città, le aziende locali e i prodotti di qualità è molto forte. La serietà, ma anche la passione delle persone che sono venuti a condividere le informazioni con noi mi fa pensare che gli studenti che escono da una scuola così, non sono limitati al mestiere che hanno imparato. Lo studio professionale, se fatto bene, forma persone che sanno gestire il lavoro, i contatti, le persone. Persone responsabili, che hanno fatto esperienze all’estero, che sanno gestire la complessità del proprio lavoro. È evidente che sono tutte capacità utili per la vita. Sarà la scuola professionale il futuro?

Nella nostra strategia per Rieti, stiamo mettendo molta enfasi sulle generazioni future, sulle loro formazione e le loro opportunità qui. Crediamo sia essenziale avviare nuove imprese e startup dal basso. Non separare più la formazione dalla pratica. Dare avvio senza troppa pianificazione a azioni concrete e immediate. Ci piacerebbe dare la possibilità alle persone, non solo di esprimere le loro necessità, ma anche esporre le loro capacità di portare cambiamento.

 

13/05/2015No Comments

Festa Europea dei Vicini di Casa 2015

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 Il 29 maggio 2015 è la Festa dei Vicini di Casa!

Un'occasione per ricostruire i legami di prossimità, conoscersi meglio, passare un po' di tempo insieme e avere nuove idee per la prossima festa 😉

HousingLab promuove questo evento europeo e vi invita a fare festa con i vostri vicini di casa, di pianerottolo, di quartiere...

Come fare?

Se siete alle prime armi, potete scaricare un mini-kit con alcuni strumenti utili, gli inviti e le locandine. Stamparli, personalizzarli e organizzare la festa! Clicca qui per scaricare il kit: FestadeiVicini_kit_HL

Se siete già un gruppo di vicini affiatati ed esperti nell'organizzazione di feste ed eventi o se partecipate già ad una social street non vi resta che cogliere anche questa occasione per fare festa! E ricordate di invitarci.

La Festa dei Vicini è stato un successo internazionale fin dal suo lancio a Parigi nel 2000. Il festival continua a crescere e ha superato di gran lunga i confini europei. La festa è celebrata in tutto il mondo da milioni di persone. 1.400 partner, tra città, organizzazioni e associazioni stanno partecipando in oltre 36 paesi con più di 20 milioni di vicini!

L'incredibile sviluppo di Neighbours' Day è la prova che il desiderio di promuovere una "vita migliore insieme" non ha confini!

Segnatevi l'appuntamento di quest'anno: VENERDI 29 MAGGIO 2015.

e se volete saperne di più...
http://www.european-neighbours-day.com/

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11/05/2015No Comments

#nextrieti terzo giorno, post-it e alianti

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Dopo aver passato molto tempo in immersione totale e in modalità ascolto, ora, al terzo giorno ci sfoghiamo un po’. Credo che per tutti sia importante perché la testa è piena e qualcosa deve cominciare ad uscire per fare spazio ad altro. Ci uniamo in una sala, aperta sulla piazza principale della città, dove Federica e Gasapare che ci aiutano nel percorso, hanno appeso un cartellone lungo lungo diviso in area tematiche. Ognuno ha un pacco di post it e deve sfogarsi su questi in modo che ci sfoghiamo sì, ma non perdiamo dei pezzi. Io, proprio perché li uso molto, sono un po’ allergica ai post-it. Allergica sì, ma la fiducia c’è cmq, mi bruciano un po’ gli occhi, ma andiamo avanti tranquilli. Siamo all’inizio e il gruppo di persone coinvolte, non può che produrre belle cose! È un primo confronto pubblico tra di noi, entriamo nella testa dei singoli e di noi come gruppo. Forse non è proprio un confronto, come dice Pino, siamo un po’ banali, pensiamo un po’ le stesse cose. Ma invece il muro si riempie, sempre di più.

Per confonderci un po’ d’idee, per il pranzo partiamo per vedere un altro luogo importante e inaspettato di Rieti: l’aeroporto. Scopriamo che a Rieti c’è una vera e propria riserva naturale aerea. Incontriamo gli appassionati di volo a vela e vediamo prendere il volo alcuni alianti. Di nuovo scopriamo persone molto convinte e interessate in quello che fanno e riescono a passare a noi la loro partecipazione. (io, lì dentro e in alto, non andrei mai… )

La sera, una ventata di energia positiva con i contributi di Annibale D'Elia, Dirigente Regione Puglia, Christian Iaione, docente di governance dei beni comuni presso la Luiss Guido Carli, Carolina Pacchi, urbanista e ricercatrice in Pianificazione Territoriale e Ambientale presso il Politecnico di Milano, Palma Librato, Architetto e coordinatrice scientifica del Festival Internazionale di Architettura Pugliarche Milena Schauer, assessorato all'urbanistica della città di Nordhorn (Germania).

Da loro sentiamo di progetti realizzati, di strategie, di casi di successo, anche con storie molto diverse tra loro. Io sono particolarmente colpita dall’approccio condiviso da tutti loro rispetto alla modalità: prova e azzecca. Andare per tentativi, provare anche qualcosa d’improbabile (costruire la casa partendo dal tetto…). Forse mi piace perché fa parte del mio modo di fare, i prototipi, gli esperimenti, l’idea del: io ci provo, poi vediamo cosa succede. Per me, vuol dire, non aspirare alla perfezione, ma partire con risorse esistenti, anche se molto piccole. Iniziare, farsi vedere, creare legami. Essere anche pronti al fallimento. Nonostante sia tardi, usciamo dalla sala pieni di bella energia e pronti a partire con la sperimentazione!

Questo post è stato pubblicato su: http://www.nextrieti.it/it/la-residenza/item/363-giorno-3-di-nuovo-liat-rogel-un-primo-confronto-pubblico-tra-di-noi,-entriamo-nella-testa-dei-singoli-e-di-noi-come-gruppo.html

09/05/2015No Comments

#nextrieti Primo giorno, l’incontro attraverso gli occhi degli altri

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Il 07 Maggio parto per Rieti, una città che non ho mai visitato prima. Non ne so quasi nulla e mi incuriosisce molto. M’incuriosisce anche il percorso progettuale che propone RENA. Ci sono, in effetti, in questo percorso due appuntamenti al buio. Il primo con una città (con la sua fabbrica abbandonata e altre meraviglie che andremmo a scoprire). Il seconda con un gruppo di persone con i quali mi troverò a lavorare in modo intensivo nei prossimi giorni.

All’arrivo, venendo da Roma, incontro qualcuno del gruppo e cominciamo già a fare due chiacchiere. Pare, per ora, che il secondo appuntamento al buio con le persone, stia andando molto bene. Siamo tutti un po’ “ibridi”: Architetti, designer, urbanistici, project manager, che però sono anche altro. La formazione e l’esperienza non sempre coesistono e tutti hanno una passione per le persone, per i luoghi e per le relazioni. Dico che “per ora” va bene perché 10 giorni di lavoro sono una dura prova anche per le relazioni oramai consolidate! Ma siamo ottimisti!

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L’appuntamento al buio con Rieti, è diverso. La strada da Roma apre un paesaggio meraviglioso e verde, un cielo limpido, l’aria bella. Promette bene. Promettono bene anche le mura della città e i palazzi vecchi. È Bella. In un appuntamento al buio, l’estetica è la prima a colpire. Arriviamo nella piazza principale che è sotto restauro (la città ha cura di sé?). Ci sistemiamo in albergo, nella piazza centrale. Un albergo fermo nel tempo: un lusso di altri tempi, una pesantezza di fermo. Sto pensando se questo può essere un po’ simbolico.

Nel pomeriggio continua la conoscenza con il gruppo di lavoro per poi, la sera, incontriamo le persone di Rieti che ci ospitano.  Questa, è una parte molto strana dell’appuntamento. A questo punto, sembra un matrimonio combinato: sentiamo parlare di Rieti (e della ex-Snia Viscosa) da persone che la conoscono o la rappresentano. Riceviamo subito una serie di informazioni (dirette e non dirette) su questa città che non abbiamo ancora visitato.

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Il primo vero incontro lo facciamo attraverso gli occhi e le parole di altri. Siamo tutti in ascolto, siamo tutti curiosi di conoscere migliore Rieti.

Stefano Paleari, Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI), ci chiede di pensare a Rieti, proprio perché non è un grande centro. L’Italia, dice, si distingue per la creatività diffusa, anche nei piccoli centri. Ci chiede di riflettere sui punti deboli e trasformali in punti di forza. Ci dice che si va lontanti solo se non si sa dove si va… ( e io non posso non pensare al dialogo famoso tra alice e il gatto.)

Alessandro Profumo, Presidente Monte dei Paschi di Siena ci, dice che dobbiamo conquistare la comunità. Che i cittadini devono accettare il progetto e solo così che diventa attrattivo. Ci ricorda che esiste una tendendenza, proprio dei giovani, di lasciare le grandi città e trovare la qualità della vita fuori, più vicini alla natura. Ci chiede di riflettere sul lavoro, quello che vuol dire oggi e quello che vorrà dire. Ci chiede la sostenibilità.

Il Sindaco di Rieti, Simone Petrangeli, ci dice come la Snia viscosa è simbolo d’innovazione così come simbolo di blocco. È il moderno fermo (un po’ come l’albergo?!). Desidera per la sua città soluzioni concrete che possano creare ponti e aperture. Noi, lì a Rieti, per lui, siamo già il simbolo di apertura. Ci accoglie, con la sua giunta a braccia aperte.

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E noi? Ora, senza ancora aver veramente conosciuto Rieti, senza aver parlato a quattro occhi, senza aver fatto una camminata mano per la mano, cosa ci aspettiamo? Che cosa pensiamo di portare noi a Rieti? Portiamo competenze, passioni ed esperienze, non ancora idee, non ancora strategie. In fondo, il bando nasce proprio per trovare un capitale umano.

Crediamo che la ex Snia Viscosa possa RIGENEREARSI. Pensiamo che possa diventare uno SPAZIO ABILITANTE dove le persone riescono a trasformare le proprie capacità in sviluppo. Uno spazio FLESSIBILE, che cambia con il tempo, che si adatta che non si blocca più. Auguriamo a Rieti di valorizzare tutte le ricchezze che già possiede. Ci immaginiamo giovani che rimangono qui o addirittura tornano. Abbiamo anche noi, molte attese, ancora prima di averla conosciuta.

Verso fine serata, l’Assessore alla cultura dice che la nostra presenza gli ricorda gli angeli nel film “gli angeli sopra Berlino”. Quelli che guardano per un po’ dall’alto e poi finiscono ad innamorarsi della vita. La serata finisce tardi e tutti noi andiamo a letto con la testa (e la pancia) piena. Il giorno dopo è previsto il nostro primo momento intimo con Rieti e la Snia Viscosa.

Questo post è stato pubblicato anche su: http://www.nextrieti.it/it/la-residenza/item/357-giorno-1-il-racconto-di-liat-rogel-il-primo-vero-incontro-lo-facciamo-attraverso-gli-occhi-e-le-parole-di-altri.html

19/09/2014No Comments

Condominio Solidale di Bruzzano MI

UNA COMUNITÀ BASATA SU ACCOGLIENZA, APERTURA E CONDIVISIONE

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L'ingresso del condominio

Il condominio è formato da tre palazzine comunicanti di tre piani ciascuna che si affacciano su un cortile, in cui vivono due comunità: una composta da sette famiglie e una comunità per malati psichici. Le famiglie fanno parte di Mondo Comunità e Famiglia, associazione nata nel 2003 che ha la sua origine nella comunità di Villapizzone, fondata a Milano nel 1978.

La comunità di abitanti

La comunità è nata con l’insediamento delle famiglie, che sono andate ad abitare nei loro appartamenti quando ancora i lavori non erano completati, e così negli anni lavorando insieme sono andati a ricostruire il luogo in cui vivono. Parallelamente c’è stato l’insediamento della comunità degli ex ospiti del Paolo Pini per i quali la presenza dei vicini e l’inserimento in un ambiente familiare è una terapia, infatti, uno dei valori che la comunità di Bruzzano condivide è proprio l’apertura. Un altro è l’accoglienza: ogni famiglia decide liberamente in che modo e chi, solitamente persone fragili, accogliere per un periodo all’interno della struttura. La condivisione è il terzo dei valori, che si traduce anche in condivisione economica: gli stipendi di tutti gli abitanti vanno su un unico conto corrente di cui ognuno utilizza quello che ritiene necessario.

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A casa di Isabella e Marco, dove siamo stati accolti con un sorriso

La collaborazione

Il metodo della condivisione ha portato alla creazione di spazi comuni, ci porta a conoscerli Marco, marito di Isabella, che ha partecipato alla realizzazione di passerelle che permettono il passaggio da un edifico all’altro per favorire i momenti di scambio e incontro e facilitare l’accesso alla dispensa comune. Il cortile è un grande parco giochi per i bambini e il luogo in cui avviene solitamente l’incontro con gli ex pazienti del Paolo Pini. La cantina è immensa ed è usata come magazzino comune o deposito anche per persone esterne alla comunità. Il salone si trova al piano terra, dove si organizzano feste e si svolgono riunioni, con la possibilità di essere affittato da persone esterne.

La Sosta Solidale è un’iniziativa partita dalle famiglie per aprirsi maggiormente all’esterno e consolidare il valore dell’accoglienza. L’ostello ha portato nuovi scambi, un flusso di persone “normali” e un servizio in più per i parenti di persone ospedalizzate che ora hanno un posto in cui dormire vicino ai loro cari; così ci spiega Isabella, che gestisce l’ostello insieme agli altri condomini.

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Il giardino del Condominio Solidale

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Grazie alle passerelle costruite dagli abitanti si passa da un’edifico all’altro per favorire i momenti di scambio e incontro

L’integrazione nel quartiere è stata graduale per entrambe le comunità. All’inizio c’erano rifiuto e diffidenza nei loro confronti, ma successivamente, soprattutto grazie all’inserimento scolastico dei figli, ci sono state delle occasioni di contatto che hanno favorito l’integrazione, non solo all’esterno del condominio ma anche al suo interno.

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Nel cortile ci s'incontra ma soprattutto si gioca!

Ci racconta ancora Isabella che ha scelto di abitare qui perché vive a stretto contatto con persone che, anche se completamente diverse da lei, le hanno permesso di confrontarsi e di mettersi in discussione, di crescere e di avere maggiore sicurezza. Il rovescio della medaglia di questo stile di vita è che per prendere decisioni nel totale rispetto di tutti, i tempi si dilatano e che a volte è difficile essere sempre bendisposti verso le esigenze degli altri, ma sapendo che la disponibilità è reciproca, c’è la volontà di superare questa difficoltà.

Il consiglio di Isabella e marco: "Se a qualcuno interessasse vivere in una comunità gli consigliamo di vederne tante per conoscere e capire qual'è lo stile più adatto."

Contatti
Indirizzo:Via Urbino 9, 20161 Milano
Websitewww.comunitaefamiglia.org
Referenti: Isabella e Marco
Mail: Isabella: escalante.isabella@gmail.com ; Marco: ma.frigerio@gmail.com

Intervista e Editing di Caterina Ardizzon e Serena Nardin

Le visite guidate fanno parte di Experimentdays Milano 11-12 ottobre 2014 
www.experimentdays-milano.it

Per registrarti:  registrati qui alla visita al Condominio Solidale di Bruzzano

05/07/20141 Comment

Vuoi risparmiare 1593 euro all’anno? Collabora con i tuoi vicini!

Preparando Experimentdays-milano, ci troviamo molto spesso a dover spiegare perchè vivere in modo più collaborativo. Ci sono molte ragioni che non sono quantificabili, per esempio:  il piacere della socializzazione, la sensazione di sicurezza e l'aumento della fiducia. Ma... ho provato a quantificare quello che si può per dimostrare che abitare collaborativo conviene anche in tasca. Ho scoperto che risparmio tantissimo. Ecco a voi il calcolo.

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L’altro giorno ho visto il cartellone pubblicitario di Enel che invita a cambiare le lampadine.

Passa a LED e risparmia 150 euro all’anno. Mi pare un’ottima cosa. Certo, ci sono molti motivi

per cambiare le lampadine, per primo quello ambientale. Ma funziona sicuramente meno:

passa a LED, fai bene all’ambiente. Sull’abitare collaborativo vale lo stesso discorso. È difficile

convincere le persone sulla base del beneficio personale-sociale o del rispetto dell’ambiente.

Ci vogliono i soldi!! Solo che qui diventa molto difficile. Ogni casa collaborativa è una realtà

a sé, ogni situazione funziona diversamente. Non è un calcolo scientifico e dunque non può

essere esposto sui cartelloni. Visto però che io ho la mia esperienza personale, posso provare a

quantificare il mio risparmio economico come esempio.

Ecco la mia situazione: vivo a Milano in un condominio di 100 famiglie costruito in cooperativa,

circostanza che ci ha permesso di risparmiare parecchio. Abbiamo due sale condominiali e

una piattaforma digitale (social network) che abbiamo iniziato ad usare un anno prima del

trasferimento e utilizziamo tutt’oggi, ne potete leggere qualcosa QUI. Io vivo con mio marito e

ho due figlie piccole, non ho l’aiuto quotidiano della mia famiglia perché vivo lontana dal mio

paese d’origine.

Non entro nel merito della qualità ambientale dell’edificio, questo calcolo esiste già. Provo

invece a quantificare elementi legati alla collaborazione: al mettersi insieme, all’auto aiutarsi, ad

usufruire (bene) degli spazi condominiali.

“Come una famiglia”

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Circa una volta ogni 15 giorni i miei vicini mi aiutano con le bambine (babysitter serale oppure le

vanno a prendere all’asilo) - 3 ore x 9 euro = 27 euro alla settimana = 648 all’anno.

Una vicina mi dà quasi tutti i vestiti di sua figlia che è un po’ più grande della mia. Poi, ogni

tanto, organizziamo momenti di baratto per completare il resto. I vestiti di una bambina,

rimanendo MOLTO bassa, li posso quantificare in 200 euro l’anno.

“Acquistare insieme”

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Compriamo con il G.A.S (gruppo di acquisto solidale) condominiale molte cose. Riso, formaggi,

carne e fagioli sono particolarmente vantaggiosi. Non solo di ottima qualità ma anche ad un

buon prezzo. Comprando assieme spesso riceviamo uno sconto ulteriore. A pari qualità, direi

che risparmio circa 300 euro l’anno. (Sono stata di nuovo bassa)

Ho acquistato la macchina da cucire con due vicine risparmiando 60 euro a testa. La macchina

da cucire si compra una sola volta, ma vi saranno acquisti di prodotti di simile modalità di

utilizzo in condivisione anche gli anni successivi. Abbiamo organizzato degli incontri con una

vicina che sa cucire e ci ha insegnato, gratuitamente, a imbastire e rammendare. 4 incontri,

diciamo 40 euro = 100 euro l’anno.

Abbiamo un gruppo d’acquisto anche per la rete Wi-Fi con fibra ottica; così risparmio, sempre a

pari qualità, 10 euro al mese: 120 all’anno.

“Condividere spazi”

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Partecipo ad un corso di pilates, qui sotto casa, a pagamento, comunque spendo molto meno di

frequentare un corso esterno. 100 euro all’anno.

Uso la sala condominiale in modo privato, per feste di compleanno o per lavoro, 2 volte all’anno.

Pago 25 euro ogni volta quando affittare una sala fuori mi costerebbe almeno 100 euro.

Togliendo i costi di manutenzione annuale per famiglia, risparmio 125 euro all’anno.

Risparmio circa 1593 euro all’anno, solo perchè conosco e collaboro con i miei vicini.

Non ho incluso altri elementi come per esempio l’acquisto delle cucine, che è stato fatto

assieme ad altri futuri vicini, così da avere uno sconto del 10%. Su una cucina di qualità che è

costata 8000 euro non è poco.

E ci sono ancora molte opportunità: avere le lavanderie condominiali, acquistare insieme e poi

condividere oggetti che si usano raramente come il trapano, condividere l’automobile, gli oggetti

per le vacanze e altro ancora.

Ora posso dire: passa all’abitare collaborativo, potrai risparmiare 1593 euro all’anno.

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Illustrazioni di Jungeun Kim

https://www.facebook.com/jungeun.kim.739